lunedì 29 dicembre 2014

LA NASCITA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA


Nell'immediato secondo Dopoguerra, l'Italia era un Paese da ricostruire interamente. Fino al 1946, le città liberate del Nord erano rimaste in mano ad autorità designate dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLNAI) mentre il resto della penisola era amministrato dal governo del Regno del Sud. Per quasi due anni, si poneva quindi l'urgenza di riunificare un Paese completamente lacerato, e di cambiarlo radicalmente. Il varo di una nuova Costituzione, insieme alla scelta storica fra il regime monarchico e repubblicano, era una delle questioni fondamentali del Novecento. Esso fu reso possibile solamente con una svolta democratica nonché l'elezione dell'Assemblea Costituente.

        All'indomani della Liberazione, i governi devono affrontare i problemi della ricostruzione, quello della smobilitazione delle forze partigiane e quello dell'epurazione dell'amministrazione pubblica dal personale fascista, oltre a quelli istituzionali che non si snoderanno prima del 1946. Nel governo Bonomi prevalevano le forze che miravano a una semplice restaurazione dell'ordine prefascista. Ma soprattutto in provincia, questa visione politica non fu pienamente condivisa. Il tradizionale sistema di potere contribuiva a creare un clima di scetticismo verso le nuove istituzioni. Dinnanzi alle spinte per il rinnovamento, il governo Bonomi dovette dimettersi e lasciare l'incarico a Ferruccio Parri, prestigioso esponente del Partito d'Azione, per annunciare una serie di provvedimenti necessari finanziare la ricostruzione. Le gravi difficoltà sul fronte economico e le numerose agitazioni scoppiate nelle fabbriche e nelle campagne imposero al nuovo Presidente del Consiglio di istaurare un prelievo fiscale sui ceti proprietari, oltre al cambio della moneta e a un rafforzamento dei poteri del governo in materia economica. Giudicato troppo sbilanciato verso sinistra, Parri fu duramente attaccato dalle forze moderate e costretto a rassegnare le dimissioni. La svolta moderata, appoggiata da tutte le forze politiche del governo Parri senza però il Partito d'Azione, arrivò nel dicembre del 1945, con l'illustre Alcide De Gasperi. Il governo da lui presieduto previde l'accantonamento delle politiche economiche avviate dal suo predecessore e il rallentamento del processo di epurazione fino all'amnistia generale.
Il processo di riunificazione tra il Nord e Centro-Sud, due realtà assai diverse, non si potero compiere senza tacere le tendenze separatiste. Ad esempio, nella regione più meriodionale d'Italia, la fine del conflitto e il crollo del fascismo favorirono la creazione del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, che coinvolgeva pressoché paradossalmente la mafia ed esponenti dell'antifascismo. Da cui sorse la necessità di stabilire un equilibrio politico (non trovato dai precedenti governi) per ristabilire l'egemonia dello Stato e redigere una nuova Carta costituzionale. La rottura col recente passato fascista avvene nel 1945 con l'acquisizione di diritti sia per le donne sia per il popolo. Dopo il ventennio mussoliniano, i diritti calpestati e le varie persecuzioni, un decreto fu emanato il 31 gennaio per riconoscere alle donne il diritto di voto. Tuttavia, il decreto Bonomi non faceva menzione dell'elettorato passivo, ossia la possibilità per le donne di candidarsi alle elezioni. Bisognò aspettare il 10 marzo del 1946 per vedere i pieni diritti conferiti alle donne, un giorno importante per la democrazia in Italia. Ormai soggette al suffragio universale, esse potero recarsi alle urne nemmeno due mesi dopo e decidere insieme agli uomini del proprio futuro e di quello del Paese, grazie al referendum istituzionale per la scelta tra Monarchia e Repubblica e l'elezioni dei membri dell'Assemblea Costituente che sarebbe stata incaricata in seguito di scrivere la nuova Costituzione.

   
              Infatti, il 2 giugno 1946, il referendum sancì la vittoria dell'opzione repubblicana (12.700.000 voti) su quella monarchica (10.700.000) con una partecipazione alta, giunta al 90% degli aventi diritto al voto. La nascita della Repubblica segnava un momento indelebile e rilevante nella storia di un Paese giovanissimo, nato 85 anni prima. Umberto II di Savoia, il cosiddetto «Re di maggio» (poiché era salito al trono poche settimane prima del voto in seguito all'abdicazione di Vittorio Emanuele III) e ultimo re d'Italia, denunciò quello che a suo avviso costituiva un atto di illegalità compiuto dal governo e contestò la sua deposizione; al contempo, tuttavia, «con animo colmo di dolore» annunciò di essersi risolto ad accettare l'esilio. Lo stesso giorno, il 13 giugno, abbandonò l'Italia e partì per Lisbona. Al momento della proclamazione ufficiosa dei risultati da parte della Corte di Cassazione il 10 giugno, il Consiglio dei Ministri, infatti, dispose il trasferimento dei poteri di capo dello Stato dal sovrano ad Alcide De Gasperi, senza attendere il pronunciamente definitivo (e con esso la ratifica dei risultati ufficiali e la proclamazione della Repubblica) fissato per il 18 giugno.
Contemporaneamente, le elezioni per l'Assemblea Costituente registrarono una netta vittoria della Democrazia Cristiana (35,2%) di De Gasperi, seguita nei consensi dal Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (20,7%) di Pietro Nenni e dal Partito Comunista Italiano (18,9%) condotto da Palmiro Togliatti, nonostante la frattura palese tra il Nord e il Sud: nelle regioni meridionali, gli elettori si espressero maggiormente a favore della continuità monarchica e per i partiti moderati mentre nelle regioni settentrionali e centrali, i partiti repubblicani e di sinistra perdipiù antifascisti erano prevalentemente scelti. A livello nazionale, il risultato delle elezioni premiò i partiti di massa che divvenero i protagonisti della vita politica dell'Italia repubblicana.
Il primo atto dell'Assemblea fu, il 28 giugno, l'elezione a capo provvisorio dello Stato di Enrico de Nicola. L'Assemblea aveva anzitutto l'incarico di redigere la nuova Costituzione repubblicana, e in questa direzione si costituì una specifica Commissione composta da 75 membri. Essa terminò il suo lavoro nel gennaio 1947 e nel marzo successivo iniziò il dibattito sul testo della Costituzione che, approvata definitivamente il 22 dicembre 1947, venne promulgata dal capo dello Stato il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. La stesura della Carta costituzionale fu il frutto migliore della collaborazione tra i partiti moderati e quelli di sinistra. Essa istituisce un sistema democratico di tipo parlamentare, fondato sulla divisione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Le Camere (Senato e Camera dei Deputati), elette a suffraggio universale, sono titolari del potere legislativo e della facoltà di accordare la fiducia al governo; riunite in seduta congiunta, eleggono il Presidente della Repubblica per un mandato di sette anni. Il governo, nominato dal capo dello Stato, è responsabile del potere esecutivo e garantisce l'applicazione delle leggi. Il potere giudiziario è riconosciuto autonomo e indipendente da qualsiasi altro potere. Originariamente composta da 139 articoli (di cui 5 saranno abrogati), la "legge fondamentale" viene organizzata in quattro sezioni:
§  Principi fondamentali (artt. 1-12);
§  Parte prima, dedicata a diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54);
§  Parte seconda, contenente l'ordinamento della Repubblica (artt. 55-139);
§  18 disposizioni transtorie e finali.

                       Con l'entrata in vigore della nuova Carta costituzionale, scomparve il cosiddetto Statuto albertino. Esso fu la costituzione "breve" (81 articoli) promulgata a Torino il 4 marzo 1948 dal re Carlo Alberto di Savoia, e vigente nel Regno di Piemonte-Sardegna, estesa nel 1861 al Regno d'Italia dopo l'unificazione del Paese. Prevedeva anch'essa la divisione dei poteri, ma esercitati tutti personalmente dal sovrano e sostituiva l'ordinamento monarchico-costituzionale alla monarchia assoluta nello Stato piemontese.
La Costituzione del 1948 è, innanzitutto, il risultato, posto in forma scritta, di un accordo fra le diverse componenti del popolo italiano che hanno assunto il compito di ricostruire l'ordinamento nazionale all'indomani del referendum del 2 giugno 1946, che segnò il passaggio dalla forma monarchica a quella repubblicana dello Stato. Carta costituzionale scritta, pertanto, e "programmatica", in quanto assegna alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi fissati dai costituenti. Infine, Carta costituzionale "rigida", tutelata da norme che disegnano una particolare resistenza alle modificazioni. Tale rigidità del testo ha conseguenze sia sul piano tecnico, sia sul piano politico. Dal punto di vista tecnico, infatti, sono presenti due diversi meccanismi di tutela, il primo volto a costruire delle procedure speciali per la revisione del testo, il secondo ad assegnare a un organo specifico, la Corte costituzionale, il compito di vagliare la compatibilità fra le norme della Costituzione e il contenuto delle leggi, vecchie e nuove. In tal senso la Corte costituzionale è il garante della natura di legge fondamentale della Carta del 1948. Dal punto di vista politico, la rigidità della Costituzione impone alle forze politiche la ricerca di un ampio consenso, che trascende le semplici maggioranze parlamentari, per poter intervenire con disegni di modifica di parti del testo, siano essi di innovazione o di soppressione. Questo spiega perché, a oggi, i progetti di forma costituzionale siano stati limitati nel numero, e solo in parte coronati da successo.

Pur guardando al futuro, la Carta costituzionale è stata segnata dalla memoria di quanto l'Assemblea Costituente si lasciava alle spalle nell'immediato Dopoguerra: ecco allora, sul piano del rifiuto del passato, l'esplicito ripudio della guerra quale strumento di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11) e, per contrasto, l'apertura dell'ordinamento alle regole del diritto internazionale (art. 10), il bando alla pena di morte (art. 27), il divieto di ricostruzione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista (XII disp. transitoria), la dichiarazione di irreversibilità dell'opzione repubblicana (art. 139). Ed ecco, sul piano della costruzione dell'ordinamento democratico, l'enfasi posta a proposito dei diritti di partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 3), dell'azione libera della persona nelle formazioni sociali (art. 2), quali sono i partiti, i sindacati, le associazioni culturali e professionali, le comunità religiose, e l'ampio spazio dedicato ai diritti connessi al lavoro (artt. 35-40), così come il riconoscimento del referendum quale modo di esercizio diretto della sovranità popolare (artt. 75, 123, 132, 133 e 138).


La prima pagina del Corriere della Sera pubblicato il 4 giugno 1946 dopo l'esito del referendum

sabato 27 dicembre 2014

ALBERTO MORAVIA

Dopo oltre vent'anni dalla sua scomparsa e nonostante i libri pubblicati sulla figura di Moravia, Carmen Llera, moglie del celebre scrittore, si lamenta dell'oblìo nel quale l'opera complessiva del marito sarebbe caduta. E infatti Moravia è parte integrante del paesaggio letterario italiano del Novecento. Attraverso quest'accenno ad uno dei più importanti intellettuali del secolo scorso, proveremo a mettere in evidenza i periodi più decisivi della sua vita intrecciata con le sue opere più notevoli, il suo impegno politico e in un contesto lievemente diverso, la sua posizione verso la società del Dopoguerra.

Alberto Moravia (1907, Roma - 1990, Roma)

            Essendosi rimesso da una coxite tubercolare che lo immobilizzò fino al 1925, Moravia esordì irrompendo sulla scena letteraria con il suo famoso romanzo psicologico Gli Indifferenti che gli porterà una celeberrima e precoce notorietà. La pubblicazione della sua opera capitale nel 1929, anno della crisi economica mondiale e in Italia dei Patti Lateranensi, fu soggetta a l'osteggiamento da parte del fascismo. Il pensiero unico fascista spinge alla tradizione mentre Moravia denuncia in maniera insolita l'ipocrisia del ceto altolocato (che combatte), andando quindi controcorrente. Egli descrive con un impeccabile realismo l'esistenza passiva e priva di qualsiasi emozione di due giovani fratelli, Michele e Carla, indifferenti alla meschinità e ai tradimenti che serpeggiano nella propria famiglia e cerchia di amici, e quindi la decadenza morale della borghesia. La madre Maria Grazia è innamorata di Leo, un affarista che si è preso tutti i suoi beni e vuole ora anche Carla, sua figlia, che alla fine gli cede. Michele tenta di ostacolare Leo, compra una pistola ma dimentica di caricarla per cui non riesce a ucciderlo e la vita continua con l'ipocrisia di sempre e l’apparente felicità come accade nelle famiglie borghesi dell’epoca. Dopo l’ennesimo fallimento, esce per le strade, cammina fra la gente, ma rimane indifferente a tutto quello che lo circonda: «Gli pareva di essere solo, miserabile, indifferente». Moravia denuncia quindi l’incapacità dell’uomo di sottrarsi agli schemi convenzionali, la verità e il cinismo di certa classe borghese, l’amore visto come erotismo disperato e infine l’indifferenza di fronte al tale realtà e non vede per l’uomo alcuna possibilità di salvezza. Edito questo capolavoro, cominciò a collaborare con Il Corriere della Sera dal 1948 ed entrò a far parte di vari periodici (tra cui l'Espresso). Nel 1953, fondò "Nuovi Argomenti", una rivista che diresse fino alla sua morte, nel 1990. Contemporaneamente alla sua carriera giornalistica, prosegue la stesura di romanzi, racconti e saggi. Nel 1951, Moravia scrive Il Conformista in cui ci presenta Marcello, un protagonista antieroe, un assassino, il cui primo delitto risale alla sua infanzia, quando un pedofilo tentò di abusare di lui. Marcello gli sottrasse la pistola e gli sparò prima di scappare. A trent’anni, Marcello Clerici si porta dietro questo ricordo e un gran senso di colpa. Per dimenticare il suo passato, è convinto di dover "conformarsi" agli altri e così di sembrare normale. Decise quindi di sposare Giulia, e anche di confessarsi ad un prete. Non gli basta e da appartenente all'OVRA, la polizia fascista, dovrà far uccidere il professor Quadri, un insegnante di filosofia, antifascista che si era rifugiato in Francia. Accade poi che si innamora della moglie di quest'ultimo. L'anormalità di Marcello sta nel fatto che vuole assomigliare a tutti gli altri mentre ciascuno cerca di distinguersi.

            In un percorso letterario parallelo a quello di Ignazio Silone (e le vicissitudini nel pubblicare  Fontamara nel 1933), non possiamo che sottolineare che in Moravia vi è «un’altissima sincerità di intenti, il desiderio di capire e farsi capire, di comunicare, di aggiornarsi, di non sentirsi un sopravvissuto e soprattutto […] una profonda fede […] nella funzione sociale dell’intellettuale vigile e partecipe nel proprio tempo» (Eugenio Ragni). Da un punto di vista stilistico, Moravia va collocato fra gli esistenzialisti. L'esistenzialismo, come quello sviluppato da Jean-Paul Sartre in Francia, richiede un impegno civile, un "engagement" da parte dell'intellettuale. Alberto Moravia, attraverso la sua provocatoria oggettività, si schiera dichiaratamente col movimento antifascista che si stava creando, pur non avendo firmato il Manifesto degli intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce nel 1925. La corrente di pensiero contemporanea si afferma principalmente tra la fine degli anni '20 e i '50 ed essa insiste sul valore specifico dell'esistenza umana individuale e sul suo carattere precario e finito, assumendo in alcuni rappresentanti un'accentuazione religiosa, in altri un carattere umanistico e mondano. L'impegno civile di Moravia si tramuta in impegno politico (come quello d'Eugenio Montale) poiché dal 1984 al 1989 fu eletto deputato al Parlamento europeo nelle liste PCI. Le basi delle sue tematiche rimangono il rapporto fra purezza e corruzione nonché l'osservazione delle trasformazioni sociali che coprirono il Novecento da lui vissuto. Moravia gioca il ruolo di osservatore distaccato rappresentando il declino di un'umanità incapace di slanci ideali e inevitabilmente delusa dal sesso e dal denaro che ne sono i surrogati. Il realismo col quale scrive rammenta anche la sua non-estraneità rispetto ai movimenti del verismo e al neorealismo nel quale rimane conteso e ai quali le sue opere si ispirano. Le tematiche neorealiste vengono riprese ne La Ciociara (1957) dove mette in luce il dramma della guerra, la ricostruzione nel Dopoguerra dove tutto ritorna come prima, come se nulla fosse cambiato. In questo libro, Cesira, una vedova negoziante, e la figlia Rosetta, lottano per sopravvivere a Roma durante la Seconda Guerra Mondiale e cuciti i risparmi di una vita nelle fodere di un vestito, decidono di fuggire e tornare nella loro terra natìa ciociara. Alla Liberazione, dopo esser sopravvisute alla fame e al freddo, le donne vengono attaccate e Rossetta viene violentata da soldati del Nord Africa. Moravia parte sempre, quindi, dall'idea che l'intellettuale non è altro che il testimone del suo tempo. Così, il Moravia del Dopoguerra, diverso dal Moravia durante il ventennio fascista, si evolve e deve descrivere ne La noia (1960) una realtà economica spuntata durante agli albori del Boom economico, l'alienazione neocapitalista legata alla ricerca ossessiva di sesso e di denaro di cui è oggetto Dino, un pittore, che si annoia nella propria casa a Roma e che disprezza come il padre i valori borghesi, tramandati dalla madre. Si innamora di Cecilia, una ragazza che ben presto si annoierà. Il giorno in cui lui vuole lasciarla, lei non si presenta all'appuntamento, facendolo così ingelosire. Da quel momento, i continui pedinamenti innescano poi un sistema in cui lui la paga perché lei lasci il secondo uomo che ha incontrato. Lei accetta il denaro, creando un meccanismo vizioso.

Negli anni precedenti la sua morte, Moravia si dedicherà al teatro nonché alla stesura di diari di viaggio. Man mano si evolve il XX secolo, lo stile e l'impegno dello scrittore romano cambiano. Tuttavia le sue opere e le sue opinioni politiche sono rimaste invariate, il che gli consente di essere considerato come scrittore e intellettuale di maggior rilievo, e di ottenere nel 1985 il titolo di "personalità europea".

venerdì 25 novembre 2011

ACQUA IN BOCCA, UN ROMANZO IBRIDO


Vogliamo parlare oggi di Acqua in bocca, un libro pubblicato nel 2010, scritto dall’instancabile Camilleri e dal polifunzionale Lucarelli. Lo scopo qui non è raccontare l’intera vicenda né rivelare ciò che sarà decisivo nell’intreccio vale a dire la soluzione dell’enigma (se mai ci sarà). Vogliamo bensì soffermarci su alcuni aspetti dell’opera che possono interessare il lettore a condizione che abbia letto già in precedenza i due autori. Perciò abbiamo scelto di evocare l’evoluzione dei due protagonisti, il loro incontro e la loro collaborazione, lo stile atipico del libro e l’umorismo degli autori. Ma innanzitutto, interessiamoci alla collaborazione tra Andrea Camilleri e Carlo Lucarelli, iniziando proprio dalla nota dell’editore.

Daniele di Gennaro, dopo l’explicit del libro, torna sull’inedita relazione che ha unito Camilleri e Lucarelli, accomunati dalla medesima passione per il giallo. E comincia col narrare i fatti accaduti durante la primavera del 2005 cioè l’incontro che ha permesso al libro di vedere la luce. La pellicola cui si accenna – che in realtà è un documentario prodotto da Minimum fax media – verrà trasmessa in TV su Rai 3, lunedì 20 dicembre 2011.


http://www.rai3.rai.it/dl/RaiTre/programma.html?ContentItem-84c6ec3f-a065-465f-a894-4b94b1874ae2

L’Editore descrive cosa accade sul set mentre sta per intervistare “il binomio vincente”, nell’intento di distinguersi come il Lars Von Trier della letteratura, più realista di tutti nel raccontare.
Di Gennaro elenca diversi punti in comune: “Si esprimono attorno alla scrittura con il medesimo approccio e si rimbalzano generose confessioni di passione vera per l’atto di impegno civile del raccontare storie”. Dice poi che “sono seri ma leggeri”. Infatti si nota l’umorismo presente di Lucarelli mentre il personaggio di Camilleri è un poco più professionale degli altri, o perlomeno finge di esserlo. Diciamo che pur avendo “la voglia incontenibile di scrivere”, si divertono. L’Editore parla a nome di tutti i lettori per affermare : “e contagiati dal clima, ci divertiamo anche noi”. L’editore si esercita nella difficile arte dell’intervista non banale e fa la sua prima domanda rivolta ai due giallisti, una domanda in realtà declinata in tre parti: “Come si comporterebbero i vostri personaggi, Salvo Montalbano e Grazia Negro, con un cadavere in mezzo ai piedi? Come interaggirebbero in un’inchiesta ? Me lo raccontate?” Dopo un tempo di riflessione, rispondono: “ Cominciano di colpo a descrivere quello che vedono”. Descrivono pure caratteri dei loro personaggi e nel modo in cui lo fanno, entrambi gli autori sembrano complementari. In quest’intervista viene introdotto poi il concetto di jam session letteraria (musicisti di jazz che si riuniscono e che improvvisano sul palco). Tornerà spesso. È una metafora per descrivere botte e risposte che intervengono – qui – per conto di Di Gennaro... o per il documentario. L’ambiguità rimane, la parola e le riprese si sovrappongono e le domande fanno eco alle telecamere. Si fa questa metafora poiché “entrambi gli autori amano il jazz (cfr. Almost Blue, libro di Lucarelli)”.
Di Gennaro interpreta il ruolo di narratore omodiegetico nonché quello del narratore omnisciente. Dopo questa parentesi aperta sulla musicalità che trascende gli intervistati, l’intervistatore fa la domanda essenziale sulla stesura stessa del libro. I giallisti pensavano all’inizio di non farcela. Era difficile “sequestrare due autori per sei mesi in una stanza”, perché poi hanno ritmi di lavoro ben diversi, altri impegni... ma alla fine riusciranno ad accordarsi. E già cominciano ad elaborare la ramificazione dell’intreccio, intorno ad un caffè, sulla base di Murder Off Miami (A Murder Mystery di Pennis Wheatley).
Descrivono il romanzo epistolare. “L’unità di misura del racconto sarà questa, e la forma sarà quella del romanzo epistolare, nel quale i due investigatori uniscono le forze e al contempo si sfidano per risolvere un’inchiesta non ufficiale”. “Epistolare” perché vi possono essere dei colpi, che sono come le mosse decisive “colpitorie” agli scacchi. La metafora verrà poi ripresa dall’editore (scrivo mentre leggo e riesco ad intuire i pensieri dell’editore). Ambedue cominciano il lavoro per comporre il libro ; siccome ognuno è immerso nel proprio lavoro, fanno una pausa. Riprenderanno cinque anni dopo, con le bozze in mano. Di Gennaro allude poi a buste piene di foto, collage, scritti a mano e dattiloscritti (dice pure di aver riso tanto).
Ma la serietà trova alla svelta i suoi limiti. Perché oltre a considerarsi compagni, si considerano avversari. “Sì, avversario, perché i due si stimano ma non vogliono certo fare brutta figura di fronte alla scrittura dell’altro. “Insomma, giochiamo, sì, ma non scherziamo.” Lucarelli confessa di esser stato messo in difficoltà a volte dal Maestro. In effetti, alla stregua del suo personaggio, Camilleri è un autentico stratega. Lo scambio conosceva per fortuna esiti positivi. La partita del libro, rappresentata dallo stile epistolare, si può attuare pure per gli scrittori. La vittoria nella collaborazione degli scrittori segna la vittoria nel creare l’enigma, l’intreccio del libro.

Nell’ultimo paragrafo di questa nota dell’editore, si insiste sull’incontro dei personaggi, “fuori dall’ordito consueto dei loro romanzi”. Il carattere identitario portato all’estremo dei personaggi conferisce interesse alla vicenda. I giallisti fuoriclasse invocano “l’interplay jazzistico, il suonare e scrivere nel senso nel play inglese e del jouer francese” per adattarsi ai tempi che ci coinvolgono per aggiornare lo stile, e lasciare da parte quella composizione “mortificante e vetusta”. Vanno ringraziati gli autori per il loro impegno nel match per cercare l’esatto punto di equilibrio e l’affiatamento che hanno cercato fino a trovarlo.
Per farla breve, l’ispettrice Grazia Negro, da Bologna, fa appello al commissario Salvo Montalbano – in Sicilia – perché il cadavere di un caso a lei affidato è quello di uno spedizioniere nato a Vigata. Vigata è la città dove Montalbano risolve i propri casi. Dovranno quindi indagare insieme per trovare il colpevole di quest’omicidio per il quale un uomo alto è morto per soffocamento, strangolato con un sacchetto e accompagnato da pesciolini rossi, morti anch’essi pressoché nelle stesse condizioni. Gli investigatori dovranno a distanza evitare le trappole lungo un persorso ricco di insidie.









Riguardo all’evoluzione dei personaggi, si può dire che grosso modo, costoro cambiano poco rispetto ai libri precedenti nei quali li avevamo già incontrati. Le prime due pagine di Acqua in bocca ci mostrano un’ispettrice Grazia Negro che tenta di trascinare il collega in un’indagine privata (come fa spesso l’ispettore Coliandro) ovvero in un’indagine non autorizzata dai superiori. Non è la prima volta che ciò avviene. Per contro, il commissario Montalbano è un poco più professionale di Grazia Negro, o almeno finge di esserlo. È furbo. Sa aggirare la legalità quando occorre farlo oppure trovare rimedio alle scocciature quando lui viene messo in difficoltà... pure con la fidanzata Livia che ha una botta di gelosia. Dopo aver mentito sul luogo di permanenza, lei sta per sbarcare fuoribonda a Vigata mentre Montalbano si trova a Milano Marittima. Simone, il compagno dell’ispettrice, avrà le medesime reazioni quando intuirà che Grazia , la sua compagna, scrive al commissario. Man mano che si girano pagine, si incontrano altri protagonisti già conosciuti come la Balboni, Mimì Augello, Fazio...

Se fissiamo un attimo la nostra attenzione sul genere di questo libro, si nota un passo in avanti nell’ibridazione dei generi. L’esperimento è stato di mescolare simultaneamente il genere epistolare con quello giallistico. Uno stile che si avvicina piuttosto a quello di Lucarelli perché i suoi libri sono segnati da pause ricorrenti, come se fossero puntate in una serie televisiva. Poi entrambi gli autori mettono l’accento sia sul carattere amministrativo e burocratico della faccenda che su quello che li lega ma di nascosto (quando non si considerano più colleghi, bensì amici). Sovente i brani sono sotto forma di verbali (nome della questura, dell’ufficio, del servizio, dell’oggetto). Poi in questa differenziazione tra gli scambi al lavoro e quelli privati, la tipografia si adatta. Quando si entra nell’ambito personale, i protagonisti scrivono in corsivo. E firmano a mano. L’ortografia classica e in corsivo si alternano con le varie foto disseminate lungo tutto il libro. Lo stile è atipico. Lo scopo, a parer mio, era di dare più spazio al realismo dell’indagine, di conferire veridicità all’intreccio e la narrazione.

Come spesso accade nelle loro opere, gli autori si danno a un’autentica sfida identitaria, nel senso in cui ognuno promuove l’ambiente geografico e culturale attraverso il suo personaggio (e nel quale vivono pure loro). Camilleri è nato in provincia di Agrigento, in Sicilia mentre Lucarelli è un bolognese vero e proprio. Il commissario Montalbano vive e lavora a Vigata, ubicata nella medesima Sicilia. Parla con un accento siciliano che va considerato in questo caso nella scrittura: da lui spuntano espressioni siciliane come “scassare i cabasisi” (= rompere le scatole), parole e verbi usati nel meridione come “minchiate” (= cazzate) e “pigliare” (= prendere) e parole che si usano soltanto in Sicilia come, “minne” (tette), “fimminaro” (= donnaiolo), “garruso” (“omossessuale passivo”) e “pirsonalmente” (= personalmente). Invece Grazia Negro non lascia trasparire alcun accento dialettale. La disparità linguistica doveva per forza apparire. Forse quella meno attesa era attinente al cibo. Circa la metà della volte, il cibo – oltre a vantare le specialità regionali di ognuno – serve anche a veicolare messaggi segreti che permettono ai protagonisti di comunicare fra di loro (tramite i bigliettini nascosti dentro). Così il commissario siciliano manda i cannoli e una cassatina all’ispettrice bolognese che ricambia, mandando tortellini ed una ricetta per il brodo. Con gli stessi tortellini, Lucarelli si diverte come in altri momenti. Quando Grazia Negro li spedisce in Sicilia, lei precisa che sono stati cucinati da Carlo Lucarelli stesso, insieme ad un altro chef. Poi lo scrittore bolognese – attraverso la sua protagonista – disprezza ironicamente il genere del giallo. A pagina 14, Grazia Negro scrive in una lettera: “aggiungo queste note alla fine, come si fa nei gialli, per stuzzicare la tua curiosità (e nota che io odio i gialli)”. Anche in Almost Blue, troviamo dichiarazioni del genere. Tornando nel nostro giallo, Acqua in bocca, si fa a pagina 22/23 un gioco a carattere tipografico, con errori di battitura ricorrenti. Dopo individuazione, abbiamo potuto metterli in fila:

dall'articolodel Carlino [...] cin lsa sinidstra [...] (a sparare non ero comunqueun granché) [...] è stato impèossibile parlare [...] dal labortatorio [...] cin la inistra so tirare anche i cazzotti [...] (sono i peci rosi) e un'altra eoa che nont i dico [...] o nel saccgìhhetto che viene infilato [...] pe ril marpione.”

Dal canto suo, Camilleri fa un altro gioco, rispondendo alla mossa di Lucarelli: lui scrive un testo con delle cancellature e con tanti numeri materializzando in questo modo gli appunti di Montalbano (i giorni liberi...). Poi vi si trova l’umorismo attraverso i protagonisti come quello di Catarella, un brigadiere di Vigata, perché lui fraintende tutto quel che gli si dice.


L’arrivo di Coliandro contrasta abbastanza con il resto dell’opera. Si stacca dagli altri perché ha un registro linguistico tutto suo: usa il registro familiare per esprimersi, il che dà all’intero personaggio quest’atteggiamento «tonto» sul quale gioca l’autore. L’ispettore Coliandro è uno che non fa altro che combinare guai. Per concludere questa parte, diciamo che di umorismo, si rilevano due tipi principali, quello legato ai protagonisti e quello legato alle espedienti tipografiche.

martedì 15 febbraio 2011

DISCORSO SU GERUSALEMME



Dopo aver visto Kingdom of Heaven di Ridley Scott, un film che in italiano viene tradotto Le Crociate, volevo ricordare un discorso di Baliano – il cui ruolo è interpretato da Orlando Bloom – che a parer mio, dipinge veramente la situazione che vive e di cui soffre Gerusalemme da tempo, e cioè che le religioni si sovrappongono.
“È ricaduta su di noi la difesa di Gerusalemme. E noi abbiamo fatto i nostri preparativi, al meglio delle nostre possibilità. Nessuno di noi ha tolto questa città ai musulmani. Nessun musulmano del grande esercito che ora si dirige verso di noi era nato, quando questa città fu perduta. Noi combattiamo per un’offesa che non abbiamo arrecato noi, contro coloro che non erano vivi per essere offesi. Cos’è Gerusalemme ? I vostri luoghi santi giacciono sui templi ebraici che i romani hanno abbattuto. I luoghi di venerazione musulmani giacciono sui vostri. Qual è più sacro ? Il muro ? La moschea ? Il Sepolcro ? Chi ha diritto ? Nessuno ha diritto. Tutti hanno diritto ! [...] Difendiamo questa città, non per proteggere queste pietre, ma il popolo che abita dentro queste mura.”

venerdì 3 settembre 2010

QUELLO CHE NON DICONO...

Ecco articoli di giornali francesi che mia madre ha tagliato con diligenza... essi sono lo specchio, in Francia, del modo di vedere e considerare l’Italia e soprattutto il Sud.








APPUNTI DI UN’ESTATE PARTICOLARE


Non mi aveva promesso mare e monti... eppure ci sono...


Il mattino sei a Cherbourg, su su in Francia... e il pomeriggio sei a Tortora, giù giù in Italia. Lasci il freddo normanno e ti scontri il solleone calabrese. Addio maglioni e pioggerella, buongiorno canottiera e siccità. Ti abitui ai nuovi rumori... quelli delle cicale ad esempio...
Nello spazio di cinque chilometri, vedi sull’orlo della rena mediterranea , grigiastra e scottante, le case che si affacciano sul mare azzurro e nitido... ti giri, e poi vedi monti eccelsi che sovrastano queste case. Se t’inerpichi un po’ sul massiccio dirupato, scorgi paesini, sospesi sopra i burroni ed i ruscelli, che costituiscono bellezze naturali. Queste due foto sono state scattate da me più o meno nello stesso posto. La terza presenta il centro storico di Tortora.





Durante le prime ore pomeridiane, c’è l’afa. Perciò tante persone fanno il riposino. Tu, francese, cosa vuoi fare ? Aprire le finestre no ? Ti sembra normale. Invece no, non lo puoi fare ! Altrimenti le mosche e le zanzare invadono la casa e assaporano la tua pelle. Puoi anche addormentarti sotto il sole, al mare, e svegliarti con scottature indelebili...
Il mare è costeggiato dappertutto da parecchi Lidi - che vengono chiamati Bagni a nord - con accesso gratuito (dov’eravamo), e dietro, il Lungomare ti permette di fare una bella passeggiata serale con la «morosa» (se ce l’hai ovviamente). I Lidi si tramutano in palco su cui tutti cantano, ballano “Sciolgo le trecce ai cavalli”[1], ma anche altre canzoni, napoletane oppure straniere. Sono sere vive. Anche in “centro paese”, è agitato. Bisogna anche dire che i negozi sono aperti fino a “tardi” (rispetto agli orari normanni!), cioè verso le 8 di sera. Rispetto alla Francia, tutto è spostato nel tempo. Sul mare, c’è poca gente prima delle dieci di sera. Una parte dei francesi mangia ad ore fisse, alle 19h o alle 20h. Qua invece si mangia alle nove (insomma, come a casa mia). Si noterà anche un cambiamento del regime alimentare: non so nell’Italia settentrionale però a sud si mangiano molte verdure e poca carne. E sarà una raffica di varie cose mentre noi francesi abbiamo l’abitudine di mangiare la nostra “entrée” (che può essere come un antipasto italiano oppure una zuppa o altro ancora), seguita dal “plat de résistance”, il pasto principale (anche pesante, a volte) poi il formaggio e l’insalatina, prima di concludere con il “dessert”. Talvolta ci sarà il primo piatto (quello costituito di pasta), talvolta no. La carne se ci sarà, spesso verrà arrotolata nel pane grattugiato. Io sono stato fortunato... melanzane, pomodori, peperoni, peperoncini, meloni, limoni... tutti freschi, raccolti nel giardino per ogni pranzo e per ogni cena. Debbo pur dire che la colazione qui ha meno importanza che in Francia. Qua un caffè basterebbe (niet baguette fresca) con una merendina (N.B. : Questo è il frutto di una percezione e non andrà in qualunque caso considerato come una generalità).






Anche dalle altre parti d’Italia, ma a maggior ragione nell’Italia meridionale, non si puo’ fare a meno di rilevare un forte radicamento cattolico, rinforzato dall’importanza della Chiesa durante la fase prerisorgimentale del Paese, poiché è presente tanto nelle feste del Santo Patrono quanto nelle menti di quasi tutti. Quando entri in una casa, sei quasi sicuro di trovare un’icona di Padre Pio, anzi, lo vedi dappertutto. Le chiese, perfino in un paesino, sono tante. A Tortora paese (siamo in provincia di Cosenza), sono tre. Ad un altro livello, saranno parecchie come a Maratea una città dotata di 44 chiese. Siamo andati a Maratea (in provincia di Potenza), è una città stupenda, che si trova in cima ai monti, al confine tra la Campania e la Calabria. Ai vertici si trova il centro storico, sullo strapiombo, giù c’è il porto il cui accesso per noi risultava impossibile poiché c’era troppa gente. Per raggiungere il centro storico, bisogna passare per meandri angusti, ma dall’alto il panorama è stupendo. Mica siamo andati alla statua di San Biagio, un’opera che tentava di ispirarsi a quella di Rio di Janeiro. Ma già, il centro storico è bellissimo e di sera, con tutte le luci, sembra un presepe.




L’Italia come la pensano i francesi è più o meno quella che mi è apparsa. Durante tre settimane, ho visto confermate alcune idee stereotipate da noi : le vie strette nei paesi, il cui pavimento è fatto di marmo, la cui vita è tranquilla, le cui persone anziane sono sedute, nella piazza centrale, sotto gli ombrelloni ad aspettare che scorra il tempo, magari a fare le pettegole ; ci sarà pure quest’idea che tutti si conoscano, che ci sia una parentela tra due tizi, in un paese. Può capitare che un’intera famiglia occupi un quartiere. Ci sarà una casa abitata dal padre, dalla madre e dai figli, al pianterreno ; dai nonni al primo piano ; i vicini saranno gli zii ed i cugini. Quando si parla del valore della famiglia, non si tratta di un cliché. Penso anche che nella mente francese, un automobilista italiano sarà d’istinto paragonato ad un pirata della strada... a tal punto che rispetto a quello, un automobilista parigino sembrerà appena patentato e dilettante. Ci sono invero automobilistacci, come ovunque in tutto il mondo, ma secondo me, in Italia, basano la loro guida sulla propria “prudenza”.

Un po’ di Storia.
Forse ho calpestato terreni che mille anni fa i miei avi hanno a loro volta calpestato, giacché tra il 1020 ed il 1120, i normanni, i cui capi erano oriundi di Coutances, una città vicina alla mia, si avviarono alla conquista dell’Italia meridionale. Essi giunsero in quella parte dell’Italia dopo i Romani, i Greci, i Barbari (I Longobardi ) : Stiamo parlando dei Fratelli Altavilla (Hauteville in francese, dal nome del loro paese di origine). Ecco perché torri normanne, come quella ubicata sull’Isola di Dino [2] , dicorano tutto il Lungomare. Ma edificarono anche castelli come quello di Cosenza, l’antica Cosenza che padroneggiarono. Nel sostrato calabrese, ci si trovano alcune parole francesi che testimoniano quel periodo e delle influenze dei conquistatori che l’hanno segnato. Ad esempio, pentola in un certo dialetto calabrese, si dirà casserola.


L’Isola di Dino


Le torri normanni




[1] verso della canzone Balla di Umberto Balsamo
[2] l'Isola di Dino (anche chiamata Scoglio di Venere) apparteneva prima alla Famiglia Agnelli. Adesso è sarebbe dello Stato, ma non viene definito chiaramente (http://www.youtube.com/watch?v=s9TY9wMsdnA). Una barca puo’ aggirarla ma non permette l’accesso.
[L'isola di Dino è la maggiore delle due isole Calabresi; l'altra è l'Isola di Cirella. Sorge sulla costa nord occidentale del Tirreno calabrese, di fronte l'abitato di Praia a Mare in Provincia di Cosenza, davanti Capo dell'Arena a sud del paese. Il suo nome deriva dal fatto che sull'isola sorgeva un tempio (aedina) dedicato a Venere. Ipotesi più accreditata è quella che fa derivare il nome dall'etimo greco "dina", ovvero vortice, tempesta. Infatti erano un tempo pericolose per i naviganti, in giornate di mare mosso, le acque prossime alla punta Sud dell'Isola, detta Frontone.
Si estende per 50 ettari circa con un'altitudine massima di 100 metri. Nel versante settentrionale, di fronte a Capo dell'Arena, c'è un piccolo molo di attracco da cui parte una strada rotabile che con uno sviluppo di 1700 metri conduce nei cottages situati nella zona alta dell'isola. Ha fianchi con strapiombi alti oltre 80 metri ed altri piuttosto scoscesi, alla base dei quali, sia al di sotto che al di sopra del livello del mare, l'erosione sulle rocce calcaree ha dato vita a molte grotte tra le quali quella del "Monaco", delle "Sardine" dove sono presenti stalagmiti, delle "Cascate", del "Leone" ed infine la "Grotta Azzurra" che è la più grande. Ma la grotta più interessante dell'isola, sebbene accessibile solo ai subacquei esperti, è la Grotta Gargiulo, che si apre a 18 metri sotto la superficie del mare e si estende nelle profondita dell'isola per alcune decine di metri, completamente sommersa, fatta eccezione per due bolle d'aria. L'accesso ad una parte della Grotta è sconsigliabile anche ai subacqei, tranne che a speleosub esperti.]









lunedì 12 luglio 2010

1968, L'AMERICA È PARALIZZATA


Uscita quest’anno, Angela è il titolo di una canzone francese di Yannick Noah (nato nel 1960), personalità preferita dai francesi, in questo momento e da alcuni anni ormai. Diciamo che tutta la famiglia è costituita da sportivi : lui è un ex tennista (e rimane il miglior tennista francese finora poiché è l’unico del Paese ad aver vinto il torneo di Roland Garros), suo padre, un africano, era calciatore, e suo figlio Joakim è giocatore da pallacanestro e sta nella squadra dei Chicago Bulls.

Angela fa riferimento a Angela Davis (nata nel 1944), di cui parleremo dopo. Accompagnandoci con le parole di questa canzone impegnata (come spesso si fa in Francia per le canzoni) qui proposta, proveremo a contestualizzare la situazione, nel 1968 e man mano a accentrare l’attenzione su quella donna.

Per comodità, le parole dal francese sono state tradotte.


Parole in francese :

1968, l'Amérique est figée
Un ange proteste
Les écrous sont rouillés
I'm black and I'm proud
Le souffle des ghettos
Les gants noirs se lèvent
Un soir à Mexico

Le rêve martyrisé
De Martin Luther King
Une enfant nue brûlée
Bobby qu'on assassine
Panthère noire traquée
Leçon d'intolérance
Cette femme est coupable
Coupable d'espérance

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
You know you'll never walk alone

En novembre 2008
Un soir à Chicago
Les états qui s'unissent
Et changent de peau
Si le monde s'incline
Et nous parle de chance
Ce soir Angela
C'est à toi que je pense

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
You know you'll never walk alone

Angela my sister
Angela my sister
My home is your home
Angela my sister
Angela my sister
Ton nom dans nos vies résonne

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
Ton nom dans nos vies résonne
Angela my sister
Angela my sister
My home is your home
Angela my sister
Angela my sister
Ton nom dans nos vies résonne.


Parole in italiano :

1968, l’America è paralizzata
Un angelo protesta
I dadi si sono arrugginiti
I’m black and I’m proud
Il fiato dei ghetti
Si alzano a pugno i guanti neri
Una sera a Città di Messico

Il sogno martirizzato
Di Martin Luther King
Una bambina nuda arsa
Bobby che viene assassinato
La pantera nera è braccata
Lezione di intolleranza
Quella donna è colpevole
Colpevole di speranza

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
You know you'll never walk alone

Nel novembre 2008
Una sera a Chicago
Gli stati che si uniscono
Cambiando pelle
Se il mondo s’inchina
E ci parla di chance
Stasera Angela
Ti penserò

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
You know you'll never walk alone

Angela my sister
Angela my sister
My home is your home
Angela my sister
Angela my sister
Il tuo nome nelle nostre vite vibra

Oh Angela, Angela
My home is your home
Oh Angela, Angela
Il tuo nome nelle nostre vite vibra

Angela my sister
Angela my sister
My home is your home
Angela my sister
Angela my sister
Il tuo nome nelle nostre vite vibra.

Il 1968 è un anno molto importante. In tutto il mondo, c’è un risveglio che scuote le mentalità. Si tratta, per così dire, di una crisi morale e ideologica perché proprio in quel momento viene introdotta la nozione di libertà (statuto delle donne, i “Neri” messi sotto il giogo dei “Bianchi”...). Il mondo si esprime, a proposito, e discute, per esempio, della guerra. Negli Stati Uniti, a Chicago, nel mese di agosto, numerosi studenti rimettono in questione la guerra del Vietnam e il modello di vita statunitense (American Way of Life), scontrandosi con le forze dell’ordine. Qualche mese prima, nella Carolina del Sud, tre studenti americani morivano manifestando i propri diritti civili.

In Francia, per quanto se ne possa dire, c’è stata una rivolta a triplice aspetto. “Mai 68” è rimasto il periodo che segna una cesura nei campi culturale, sociale e politico e di rimbalzo, è diventato nel corso degli anni, un’importante data perno nella storia contemporanea e nella testa di tutti. Questo stato di crisi si è sviluppato in tre tappe :

1) La crisi dell’universo studentesco con l’occupazione delle università (quella di Nanterre fu la prima ... Paris IV – La Sorbonne è diventata l’ultimo baluardo) e con la comparsa di personalità come Daniel Cohn – Bendit (chiamato Dany Le rouge, perché si era tinto i capelli di rosso), studente di Estrema Sinistra a quell’epoca, che aveva guidato il movimento studentesco. Oggi Daniel Cohn – Bendit è entrato a far parte del mondo politico, a favore dell’ambiente.

2) La crisi nella classe operaia (sciopero generale che proseguirà anche dopo la conclusione degli Accordi di Grenelle)

3) La crisi politica che porta alla dissoluzione dell’Assemblea Nazionale e alle dimissioni del Presidente della Repubblica Charles de Gaule, che si era riparato nel frattempo, a Baden Baden, una città tedesca, dal suo amico il Generale Massu).


Ma torniamo al nostro argomento, non allontaniamoci...

Per Angela Davis, il 1968 è stato l’anno in cui ottenne il dottorato ma è anche l’anno in cui iniziò a fare la docente all’università. Nel contempo divenne militante per il partito comunista e per le Pantere Nere. Le Pantere Nere, organizzazione che viene così chiamata dal nome originario Black Panthers, furono create alla fine degli anni’60 per liberare gli afroamericani da ogni pesantissima discriminazione, qualunque essa sia.

Intanto nei ghetto, la comunità nera fu vittima di rastrellamenti e dovette scontrarsi contro le autorità. Le insurrezioni vengono represse, insurrezioni provocate dalla volontà di non accettare le sevizie, i linciaggi in pubblico...

Non ci fu solo Martin Luther King (ricordiamo qui il notevolissimo discorso http://www.peacelink.it/storia/a/5433.html) a domandare l’ugualianza tra le “razze” (parola che personalmente odio proprio) e a protestare contro quei metodi disumani ma ci furono anche altri afroamericani. Come risposta alle lotte di potere nero e per protestare contro quest’atmosfera malsana, questo razzismo dilagante, Tommie Smith e John Carlos, due atleti, due velocisti, alzarono il pugno chiuso guantato in nero a Città del Messico.

Siamo sempre in questo periodo pazzesco per gli Stati Uniti, uno Stato federale bellicoso che bombardava popolazioni innocenti e inoffensive, a colpi di napalm, con l’unico ed il solito motivo di fare la guerra. Ci ricordiamo tutti di questa foto scattata nel 1972 che ha girato il mondo, che presenta una bambina, Kim Phum, un’abitante del Vietnam del Sud, che scappa nuda verso il fotografo per suscitare un po’ di repulsione.
Occorre dire che pure la classe politica, alle più alte cariche dello Stato, viene colpita. Quando il cantante menziona “Bobby”, allude al fratello di John Fitzgerald Kennedy, Robert Francis Kennedy, che portava questo soprannome. Quel candidato alle elezioni presidenziali voleva rinfrancare, al pari di suo fratello, la speranza in un paese assetato di giustizia e di libertà. Verrà assassinato il 5 giugno 1968 mentre era impegnato nella lotta al crimine organizzato. I legami tra la sua uccisione e quella del proprio fratello ancora non sono stati accertati.
Il testo della canzone evoca la caccia di cui erano vittime le Pantere Nere e tramite l’organizzazione, Angela Davis stessa che – sul serio – veniva “braccata”. Il governo statunitense cominciò a tenerla d’occhio quando si accorse della sua appartenanza ai due gruppi. Viste le sue idee, viene licenziata dall’Università di California presso la quale insegnava da un anno. Nel 1970 l’accanimento contro di lei si materializza davvero con la sua iscrizione all’elenco dei più ricercati dall’FBI. L’accusarono di cospirare per liberare Georges Jackson (un altro militante nero delle Pantere Nere), armando prigionieri. Ella dovette sfuggire alla polizia durante due settimane. Avrebbe potuto trovare rifugio dagli americani le cui case presentavano umili cartelle con la frase : “Angela my sister, my home is your home” ma non lo fece e la si troverà in un albergo. Verrà liberata dopo la sua assoluzione.
L’ultimo episodio a cui si fa riferimento è quello del 8 novembre 2008, giorno in cui avviene la vittoria di Barack Obama alle elezioni presidenziali. Chicago è il bastione dell’ex senatore. Questo salto nel tempo (1970 => 2008) mostra l’evoluzione dei pensieri nel mondo e specificamente negli Stati Uniti.

domenica 11 luglio 2010

COSA NOSTRA, UN'ORGANIZZAZIONE IN DECLINO ?


Questa pagina tratta della situazione in Sicilia a partire dall’assassinio dei giudici Giovanni FALCONE e Paolo BORSELLINO, cioè dal 1992 fino ad oggi. Questi due magistrati hanno influenzato l’opinione pubblica per indurla a lottare contro la mafia siciliana.

Lo scopo è mostrare come è stata indebolita Cosa Nostra a partire dagli anni’90, periodo che costituisce una svolta decisiva in questa battaglia contro la mafia. In primo luogo, parlerò dei sistemi d’informazione, tecnologici e informatici usati dai carabinieri. In seguito, menzionerò gli arresti dei boss mafiosi, i cosiddetti “capi dei capi”. Ma sopratutto proverò a mettere in evidenza il cambiamento di mentalità.


Innanzitutto, occorre fare l’analisi dell’evoluzione storica di questa complessa situazione ; si parla, infatti, di un fenomeno sociale, radicato nelle usanze e nella quotidianità. Perciò, a volte, ci si deve riferire a eventi e date precedenti a questo periodo. “La Piovra”, come viene definita, esiste fin dall’Ottocento.

Quindi – ecco dove voglio arrivare - bisogna dire che la polizia, i carabinieri e le questure si sono abituati a questa “società onorata”. Il Pool Antimafia ha condotto indagini e i magistrati hanno potuto promulgare leggi. L’operazione Mani Pulite ha fatto la sua parte, in quanto ha combattuto la corruzione, che è presente in Cosa Nostra. Le autorità conoscono il funzionamento e i codici di quest’associazione mafiosa. Sanno che i mafiosi non sono abitudinari nel loro agire e sanno come comunicano. Si trasmettono “i pezzini” : questo mezzo usato da una decina di anni permette a un mafioso di scrivere un messaggio (riguardo alla mafia o no) su un foglio arrotolato, le cui estremità sono piegate. Su di esso verrà scritto un numero che corrisponderà al nome di un mafioso. Il tutto è incollato con lo scotch, il che rende impossibile vedere il messaggio prima che il destinatario lo riceva. La lentezza rappresenta l’inconveniente di questo mezzo di comunicazione poiché il messaggio va trasmesso nelle mani di molti “uomini d’onore”.

Le autorità hanno messo microfoni e telecamere e questi mezzi sono essenziali nella lotta contro la mafia. Dunque possono conoscere i loro appuntamenti e coglierli in flagrante. Per la sua indagine, a Palermo, il colonello MANNUCCI ha potuto osservare i mafiosi per due anni prima di reagire.


In secondo luogo, vorrei parlare degli arresti che hanno contribuito alla destabilizzazione del sistema, modificandone il tipo di funzionamento e le linee direttrici. Tra il 2005 e il 2008, circa 500 persone sono state arrestate. Ma l’arresto storico più spettacolare è stato quello del 16 dicembre 2008, in cui 1200 carabinieri sono stati impiegati per fermare 99 presunti mafiosi.





Tra i capi mafiosi, ricordiamo chi è stato arrestato : Totò RIINA (il 15 gennaio 1993) ; Bernardo PROVENZANO (l’11 aprile 2006) ; Salvatore LO PICCOLO (il 5 novembre 2007). Il funzionamento e l’organizzazione cambiano a seconda del Boss : con Totò RIINA, un corleonese, regnavano il terrore e l’estrema violenza. Egli dichiarò guerra alle altre cosche e allo Stato, uccidendo due giudici. Avrebbe assassinato circa quaranta persone e avrebbe organizzato gli omicidi di più di altre mille persone. Con Bernardo PROVENZANO, tutto sarà diverso, egli vive nel segreto più occulto e realizza profitti alla chetichella. Il patrimonio aumenta. L’organizzazione è ristrutturata. Alcune famiglie sono sgretolate. In seguito dichiarerà la fine degli attentati–spettacolo contro i magistrati e i poliziotti, e degli omicidi dei non mafiosi. La sua strategia è quella di far scordare a tutti la Sicilia affinché non sia più sulla prima pagina dei giornali, ma anche per demotivare le autorità. Dopo una latitanza di 40 anni, viene fermato. Per quanto riguarda Salvatore LO PICCOLO, è arrestato da 40 poliziotti insieme a suo figlio Sandro dopo una latitanza di 25 anni.


Infine, possiamo dire che da qualche anno i commercianti e gli imprenditori rifiutano di collaborare con la mafia. La popolazione protesta contro questo fenomeno antico della criminalità.

Molteplici esempi possono provarlo. Libero GRASSI e Vincenzo CONTICELLO si sono distinti dagli altri : non hanno accettato di pagare il pizzo e si sono opposti ai loro estorsori. L’imprenditore Libero GRASSI, il 10 gennaio 1991, scrisse una lettera al Giornale di Sicilia in cui avvertiva i mafiosi di evitare l’acquisto di bombe ed esplosivi poiché si trovava sotto la protezione della polizia. Si rifiutò di pagare i 50 milioni chiesti. Muore il 29 agosto 1991. Vincenzo CONTICELLO, un noto commerciante palermitano, il 25 novembre 2005, non ha voluto pagare i mafiosi, i quali chiedevano 50.000 € per gli anni in cui non aveva pagato il pizzo. Il proprietario de “L’Antica Focacceria San Francesco” è scortato di continuo da tre agenti e il suo ristorante è sorvegliato. Il 18 settembre 2007 è stato il primo a puntare il dito in direzione di un mafioso in un processo.


Altrove, in Campania, è famoso Roberto Saviano per aver scritto Gomorra e aver indagato, in questo caso, sulla Camorra.

Di oppositori, ce ne sono altri : perfino i giornalisti si sono impegnati. Prendiamo l’esempio di Pino MANIACI, il direttore dell’emittente televisiva Telejato con sede a Partinico, che gestisce con i figli la TV locale (si dice che sia l’emittente più piccola in Italia – tra Corleone e Partinico ed è vista da 150.000 persone). La sua personale lotta alla mafia consiste nella preparazione di un TG (il più lungo del mondo) che dura due ore nel quale sono denunciate le pratiche abusive della Famiglia Vitale tra i quali ritroviamo Vito, che dopo aver strangolato un ragazzo l’ha disciolto in un barile di acido. Anche se è stato condannato all’ergastolo, la famiglia domina sempre su Partinico. Il figlio Leonardo insieme a suo fratello ha il potere sulle terre.


Oltre a Cosa Nostra, la lotta alle mafie prosegue anche grazie alla musica. Pensa è una canzone del giovane Fabrizio MORO, uscita nel 2007. Poi altri movimenti sono stati creati per esprimere queste idee come Libera.


Si può dire con qualche certezza che Cosa Nostra indietreggia : persino quelli che si trovano in cima alla cupola mafiosa non vengono più da Corleone, città emblematica di Cosa Nostra, conosciuta grazie al film Il Padrino, e patria di numerosi boss mafiosi (RIINA e PROVENZANO). I mafiosi di Corleone sono conosciuti per essere i criminali più violenti negli scontri con le cosche (hanno ucciso più di mille persone tra il 1982 e il 1983).

È possibile che sia questa violenza che ha fatto reagire una parte dei siciliani, addirittura dei mafiosi stessi. Così, il pentirsi “andrà di moda” dopo l’attentato al giudice FALCONE a Capaci. Tommaso BUSCETTA ne è l’esempio. Ultimamente, in un affare di false banconote e di traffico di armi, il pentito Fabbio MANNO ha fatto rivelazioni rispetto al nascondiglio di tutto questo.

Bisogna considerare che ci sono stati un’evoluzione e un miglioramento dell’Antimafia. È stato un attacco alla forza militare mafiosa che ha colpito tre aspetti della mafia. Il segreto, adesso, non esiste più. Cioé adesso si sa che la criminalità organizzata esiste. Poi, l’impunità non esisterebbe più : per più di un secolo e mezzo, nessuno di loro ha avuto un processo, ma si è deciso di metter fine a tutte queste assoluzioni. Per finire, possiamo aggiungere che l’omertà si sta rompendo. Alcuni imprenditori spezzano la legge del silenzio.

Ma l’Antimafia ha delle preoccupazioni : pensa che gli imprenditori non siano abituati quindi aspetta per vedere il susseguirsi degli eventi ; a differenza di Cosa Nostra, l’Antimafia non ha subito il processo di globalizzazione (parliamo delle alleanze con le altre mafie oltre l’Italia – con la Cosa Nostra americana, la Triade cinese, quella russa...) quindi deve migliorare la sua cooperazione internazionale. Gli esperti temono anche che scoppi una nuova guerra contro lo Stato, une guerra che ridarebbe vigore a Cosa Nostra.

I molteplici arresti hanno non solo indebolito Cosa Nostra, ma hanno anche sviluppato un sentimento di fiducia nelle autorità. Tutto ciò è stato accompagnato da un attacco su tutti i fronti : persino quello dei terreni, il bene fondamentale della potenza mafiosa. Alcune cooperative sono state create contro la confisca delle terre.

In generale, si può dire che il Pool Antimafia, costituito da BORSELLINO e FALCONE in parte, ha dato la possibiltà di opporsi alla “Piovra”. Il suo lavoro immenso nella lotta alla mafia siciliana è stato esemplare e le speranze di trovare una terra senza violenze, estorsioni, corruzione, e senza traffici di droga... sono aumentate. Il famoso e straziante discorso di Paolo BORSELLINO, pronunciato il 23 giugno 1992, cioé un mese dopo l’uccisione del collega ed amico Giovanni FALCONE, ben descrive la mentalità ristretta che esisteva a quell’epoca nell’Italia mafiogena. Ma non si deve dimenticare che ha provato a fare reagire la popolazione, mettendo in evidenza che la reazione è un dovere. Come ? “continuando la lotta” e rifiutando tutto il sistema. Ciò significava che il loro lavoro stava anche smuovendo le coscienze. Anche il suo discorso è stato efficace poiché sono stati scossi non solo il mondo politico - giudiziario che ha compiuto l’Operazione “Mani Pulite”, ma anche la popolazione e sopratutto le giovani generazioni (come voleva BORSELLINO) che incomincia ad opporsi a Cosa Nostra costituendo associazioni antimafia e manifestando per le strade. In seguito ha permesso l’ascesa di un nuovo modo di pensare e così molte persone hanno potuto darsi alla resistenza alla criminalità ed essere rappresentate. Giuseppe LUMI incarna l’Antimafia ; è stato Presidente della Commissione parlamentare Antimafia dal 2000 al 2001. Cosa Nostra è colpita anche dall’interno : i pentiti fanno rivelazioni che rendono più fragile l’organizzazione.

Il giudice Paolo BORSELLINO desiderava che la lotta alla mafia divenisse “un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti”. Questo desiderio si sta realizzando.

Nonostante questo risveglio contro la mafia non bisogna tuttavia dimenticare che a Palermo, 8 negozi su 10 pagano il pizzo, valutato a 1 miliardo di € all’anno e in effetti in quel periodo una seconda mafia sorgeva nel sud della Sicilia : la Stidda che si vede più nell’infiltrazione nella politica e nell’economia. Questa nuova emergenza rivelerebbe una confessione di debolezza o una strategia di ripresa dal lato di Cosa Nostra ?