lunedì 29 dicembre 2014

LA NASCITA DELLA COSTITUZIONE ITALIANA


Nell'immediato secondo Dopoguerra, l'Italia era un Paese da ricostruire interamente. Fino al 1946, le città liberate del Nord erano rimaste in mano ad autorità designate dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLNAI) mentre il resto della penisola era amministrato dal governo del Regno del Sud. Per quasi due anni, si poneva quindi l'urgenza di riunificare un Paese completamente lacerato, e di cambiarlo radicalmente. Il varo di una nuova Costituzione, insieme alla scelta storica fra il regime monarchico e repubblicano, era una delle questioni fondamentali del Novecento. Esso fu reso possibile solamente con una svolta democratica nonché l'elezione dell'Assemblea Costituente.

        All'indomani della Liberazione, i governi devono affrontare i problemi della ricostruzione, quello della smobilitazione delle forze partigiane e quello dell'epurazione dell'amministrazione pubblica dal personale fascista, oltre a quelli istituzionali che non si snoderanno prima del 1946. Nel governo Bonomi prevalevano le forze che miravano a una semplice restaurazione dell'ordine prefascista. Ma soprattutto in provincia, questa visione politica non fu pienamente condivisa. Il tradizionale sistema di potere contribuiva a creare un clima di scetticismo verso le nuove istituzioni. Dinnanzi alle spinte per il rinnovamento, il governo Bonomi dovette dimettersi e lasciare l'incarico a Ferruccio Parri, prestigioso esponente del Partito d'Azione, per annunciare una serie di provvedimenti necessari finanziare la ricostruzione. Le gravi difficoltà sul fronte economico e le numerose agitazioni scoppiate nelle fabbriche e nelle campagne imposero al nuovo Presidente del Consiglio di istaurare un prelievo fiscale sui ceti proprietari, oltre al cambio della moneta e a un rafforzamento dei poteri del governo in materia economica. Giudicato troppo sbilanciato verso sinistra, Parri fu duramente attaccato dalle forze moderate e costretto a rassegnare le dimissioni. La svolta moderata, appoggiata da tutte le forze politiche del governo Parri senza però il Partito d'Azione, arrivò nel dicembre del 1945, con l'illustre Alcide De Gasperi. Il governo da lui presieduto previde l'accantonamento delle politiche economiche avviate dal suo predecessore e il rallentamento del processo di epurazione fino all'amnistia generale.
Il processo di riunificazione tra il Nord e Centro-Sud, due realtà assai diverse, non si potero compiere senza tacere le tendenze separatiste. Ad esempio, nella regione più meriodionale d'Italia, la fine del conflitto e il crollo del fascismo favorirono la creazione del Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, che coinvolgeva pressoché paradossalmente la mafia ed esponenti dell'antifascismo. Da cui sorse la necessità di stabilire un equilibrio politico (non trovato dai precedenti governi) per ristabilire l'egemonia dello Stato e redigere una nuova Carta costituzionale. La rottura col recente passato fascista avvene nel 1945 con l'acquisizione di diritti sia per le donne sia per il popolo. Dopo il ventennio mussoliniano, i diritti calpestati e le varie persecuzioni, un decreto fu emanato il 31 gennaio per riconoscere alle donne il diritto di voto. Tuttavia, il decreto Bonomi non faceva menzione dell'elettorato passivo, ossia la possibilità per le donne di candidarsi alle elezioni. Bisognò aspettare il 10 marzo del 1946 per vedere i pieni diritti conferiti alle donne, un giorno importante per la democrazia in Italia. Ormai soggette al suffragio universale, esse potero recarsi alle urne nemmeno due mesi dopo e decidere insieme agli uomini del proprio futuro e di quello del Paese, grazie al referendum istituzionale per la scelta tra Monarchia e Repubblica e l'elezioni dei membri dell'Assemblea Costituente che sarebbe stata incaricata in seguito di scrivere la nuova Costituzione.

   
              Infatti, il 2 giugno 1946, il referendum sancì la vittoria dell'opzione repubblicana (12.700.000 voti) su quella monarchica (10.700.000) con una partecipazione alta, giunta al 90% degli aventi diritto al voto. La nascita della Repubblica segnava un momento indelebile e rilevante nella storia di un Paese giovanissimo, nato 85 anni prima. Umberto II di Savoia, il cosiddetto «Re di maggio» (poiché era salito al trono poche settimane prima del voto in seguito all'abdicazione di Vittorio Emanuele III) e ultimo re d'Italia, denunciò quello che a suo avviso costituiva un atto di illegalità compiuto dal governo e contestò la sua deposizione; al contempo, tuttavia, «con animo colmo di dolore» annunciò di essersi risolto ad accettare l'esilio. Lo stesso giorno, il 13 giugno, abbandonò l'Italia e partì per Lisbona. Al momento della proclamazione ufficiosa dei risultati da parte della Corte di Cassazione il 10 giugno, il Consiglio dei Ministri, infatti, dispose il trasferimento dei poteri di capo dello Stato dal sovrano ad Alcide De Gasperi, senza attendere il pronunciamente definitivo (e con esso la ratifica dei risultati ufficiali e la proclamazione della Repubblica) fissato per il 18 giugno.
Contemporaneamente, le elezioni per l'Assemblea Costituente registrarono una netta vittoria della Democrazia Cristiana (35,2%) di De Gasperi, seguita nei consensi dal Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (20,7%) di Pietro Nenni e dal Partito Comunista Italiano (18,9%) condotto da Palmiro Togliatti, nonostante la frattura palese tra il Nord e il Sud: nelle regioni meridionali, gli elettori si espressero maggiormente a favore della continuità monarchica e per i partiti moderati mentre nelle regioni settentrionali e centrali, i partiti repubblicani e di sinistra perdipiù antifascisti erano prevalentemente scelti. A livello nazionale, il risultato delle elezioni premiò i partiti di massa che divvenero i protagonisti della vita politica dell'Italia repubblicana.
Il primo atto dell'Assemblea fu, il 28 giugno, l'elezione a capo provvisorio dello Stato di Enrico de Nicola. L'Assemblea aveva anzitutto l'incarico di redigere la nuova Costituzione repubblicana, e in questa direzione si costituì una specifica Commissione composta da 75 membri. Essa terminò il suo lavoro nel gennaio 1947 e nel marzo successivo iniziò il dibattito sul testo della Costituzione che, approvata definitivamente il 22 dicembre 1947, venne promulgata dal capo dello Stato il 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio 1948. La stesura della Carta costituzionale fu il frutto migliore della collaborazione tra i partiti moderati e quelli di sinistra. Essa istituisce un sistema democratico di tipo parlamentare, fondato sulla divisione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Le Camere (Senato e Camera dei Deputati), elette a suffraggio universale, sono titolari del potere legislativo e della facoltà di accordare la fiducia al governo; riunite in seduta congiunta, eleggono il Presidente della Repubblica per un mandato di sette anni. Il governo, nominato dal capo dello Stato, è responsabile del potere esecutivo e garantisce l'applicazione delle leggi. Il potere giudiziario è riconosciuto autonomo e indipendente da qualsiasi altro potere. Originariamente composta da 139 articoli (di cui 5 saranno abrogati), la "legge fondamentale" viene organizzata in quattro sezioni:
§  Principi fondamentali (artt. 1-12);
§  Parte prima, dedicata a diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54);
§  Parte seconda, contenente l'ordinamento della Repubblica (artt. 55-139);
§  18 disposizioni transtorie e finali.

                       Con l'entrata in vigore della nuova Carta costituzionale, scomparve il cosiddetto Statuto albertino. Esso fu la costituzione "breve" (81 articoli) promulgata a Torino il 4 marzo 1948 dal re Carlo Alberto di Savoia, e vigente nel Regno di Piemonte-Sardegna, estesa nel 1861 al Regno d'Italia dopo l'unificazione del Paese. Prevedeva anch'essa la divisione dei poteri, ma esercitati tutti personalmente dal sovrano e sostituiva l'ordinamento monarchico-costituzionale alla monarchia assoluta nello Stato piemontese.
La Costituzione del 1948 è, innanzitutto, il risultato, posto in forma scritta, di un accordo fra le diverse componenti del popolo italiano che hanno assunto il compito di ricostruire l'ordinamento nazionale all'indomani del referendum del 2 giugno 1946, che segnò il passaggio dalla forma monarchica a quella repubblicana dello Stato. Carta costituzionale scritta, pertanto, e "programmatica", in quanto assegna alle forze politiche il compito di rendere effettivi gli obiettivi fissati dai costituenti. Infine, Carta costituzionale "rigida", tutelata da norme che disegnano una particolare resistenza alle modificazioni. Tale rigidità del testo ha conseguenze sia sul piano tecnico, sia sul piano politico. Dal punto di vista tecnico, infatti, sono presenti due diversi meccanismi di tutela, il primo volto a costruire delle procedure speciali per la revisione del testo, il secondo ad assegnare a un organo specifico, la Corte costituzionale, il compito di vagliare la compatibilità fra le norme della Costituzione e il contenuto delle leggi, vecchie e nuove. In tal senso la Corte costituzionale è il garante della natura di legge fondamentale della Carta del 1948. Dal punto di vista politico, la rigidità della Costituzione impone alle forze politiche la ricerca di un ampio consenso, che trascende le semplici maggioranze parlamentari, per poter intervenire con disegni di modifica di parti del testo, siano essi di innovazione o di soppressione. Questo spiega perché, a oggi, i progetti di forma costituzionale siano stati limitati nel numero, e solo in parte coronati da successo.

Pur guardando al futuro, la Carta costituzionale è stata segnata dalla memoria di quanto l'Assemblea Costituente si lasciava alle spalle nell'immediato Dopoguerra: ecco allora, sul piano del rifiuto del passato, l'esplicito ripudio della guerra quale strumento di risoluzione delle controversie internazionali (art. 11) e, per contrasto, l'apertura dell'ordinamento alle regole del diritto internazionale (art. 10), il bando alla pena di morte (art. 27), il divieto di ricostruzione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista (XII disp. transitoria), la dichiarazione di irreversibilità dell'opzione repubblicana (art. 139). Ed ecco, sul piano della costruzione dell'ordinamento democratico, l'enfasi posta a proposito dei diritti di partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 3), dell'azione libera della persona nelle formazioni sociali (art. 2), quali sono i partiti, i sindacati, le associazioni culturali e professionali, le comunità religiose, e l'ampio spazio dedicato ai diritti connessi al lavoro (artt. 35-40), così come il riconoscimento del referendum quale modo di esercizio diretto della sovranità popolare (artt. 75, 123, 132, 133 e 138).


La prima pagina del Corriere della Sera pubblicato il 4 giugno 1946 dopo l'esito del referendum

Nessun commento:

Posta un commento