APPUNTI DI UN’ESTATE PARTICOLARE
Non mi aveva promesso mare e monti... eppure ci sono...
Il mattino sei a Cherbourg, su su in Francia... e il pomeriggio sei a Tortora, giù giù in Italia. Lasci il freddo normanno e ti scontri il solleone calabrese. Addio maglioni e pioggerella, buongiorno canottiera e siccità. Ti abitui ai nuovi rumori... quelli delle cicale ad esempio...
Nello spazio di cinque chilometri, vedi sull’orlo della rena mediterranea , grigiastra e scottante, le case che si affacciano sul mare azzurro e nitido... ti giri, e poi vedi monti eccelsi che sovrastano queste case. Se t’inerpichi un po’ sul massiccio dirupato, scorgi paesini, sospesi sopra i burroni ed i ruscelli, che costituiscono bellezze naturali. Queste due foto sono state scattate da me più o meno nello stesso posto. La terza presenta il centro storico di Tortora.
Durante le prime ore pomeridiane, c’è l’afa. Perciò tante persone fanno il riposino. Tu, francese, cosa vuoi fare ? Aprire le finestre no ? Ti sembra normale. Invece no, non lo puoi fare ! Altrimenti le mosche e le zanzare invadono la casa e assaporano la tua pelle. Puoi anche addormentarti sotto il sole, al mare, e svegliarti con scottature indelebili...
Il mare è costeggiato dappertutto da parecchi Lidi - che vengono chiamati Bagni a nord - con accesso gratuito (dov’eravamo), e dietro, il Lungomare ti permette di fare una bella passeggiata serale con la «morosa» (se ce l’hai ovviamente). I Lidi si tramutano in palco su cui tutti cantano, ballano “Sciolgo le trecce ai cavalli”[1], ma anche altre canzoni, napoletane oppure straniere. Sono sere vive. Anche in “centro paese”, è agitato. Bisogna anche dire che i negozi sono aperti fino a “tardi” (rispetto agli orari normanni!), cioè verso le 8 di sera. Rispetto alla Francia, tutto è spostato nel tempo. Sul mare, c’è poca gente prima delle dieci di sera. Una parte dei francesi mangia ad ore fisse, alle 19h o alle 20h. Qua invece si mangia alle nove (insomma, come a casa mia). Si noterà anche un cambiamento del regime alimentare: non so nell’Italia settentrionale però a sud si mangiano molte verdure e poca carne. E sarà una raffica di varie cose mentre noi francesi abbiamo l’abitudine di mangiare la nostra “entrée” (che può essere come un antipasto italiano oppure una zuppa o altro ancora), seguita dal “plat de résistance”, il pasto principale (anche pesante, a volte) poi il formaggio e l’insalatina, prima di concludere con il “dessert”. Talvolta ci sarà il primo piatto (quello costituito di pasta), talvolta no. La carne se ci sarà, spesso verrà arrotolata nel pane grattugiato. Io sono stato fortunato... melanzane, pomodori, peperoni, peperoncini, meloni, limoni... tutti freschi, raccolti nel giardino per ogni pranzo e per ogni cena. Debbo pur dire che la colazione qui ha meno importanza che in Francia. Qua un caffè basterebbe (niet baguette fresca) con una merendina (N.B. : Questo è il frutto di una percezione e non andrà in qualunque caso considerato come una generalità).
Anche dalle altre parti d’Italia, ma a maggior ragione nell’Italia meridionale, non si puo’ fare a meno di rilevare un forte radicamento cattolico, rinforzato dall’importanza della Chiesa durante la fase prerisorgimentale del Paese, poiché è presente tanto nelle feste del Santo Patrono quanto nelle menti di quasi tutti. Quando entri in una casa, sei quasi sicuro di trovare un’icona di Padre Pio, anzi, lo vedi dappertutto. Le chiese, perfino in un paesino, sono tante. A Tortora paese (siamo in provincia di Cosenza), sono tre. Ad un altro livello, saranno parecchie come a Maratea una città dotata di 44 chiese. Siamo andati a Maratea (in provincia di Potenza), è una città stupenda, che si trova in cima ai monti, al confine tra la Campania e la Calabria. Ai vertici si trova il centro storico, sullo strapiombo, giù c’è il porto il cui accesso per noi risultava impossibile poiché c’era troppa gente. Per raggiungere il centro storico, bisogna passare per meandri angusti, ma dall’alto il panorama è stupendo. Mica siamo andati alla statua di San Biagio, un’opera che tentava di ispirarsi a quella di Rio di Janeiro. Ma già, il centro storico è bellissimo e di sera, con tutte le luci, sembra un presepe.
L’Italia come la pensano i francesi è più o meno quella che mi è apparsa. Durante tre settimane, ho visto confermate alcune idee stereotipate da noi : le vie strette nei paesi, il cui pavimento è fatto di marmo, la cui vita è tranquilla, le cui persone anziane sono sedute, nella piazza centrale, sotto gli ombrelloni ad aspettare che scorra il tempo, magari a fare le pettegole ; ci sarà pure quest’idea che tutti si conoscano, che ci sia una parentela tra due tizi, in un paese. Può capitare che un’intera famiglia occupi un quartiere. Ci sarà una casa abitata dal padre, dalla madre e dai figli, al pianterreno ; dai nonni al primo piano ; i vicini saranno gli zii ed i cugini. Quando si parla del valore della famiglia, non si tratta di un cliché. Penso anche che nella mente francese, un automobilista italiano sarà d’istinto paragonato ad un pirata della strada... a tal punto che rispetto a quello, un automobilista parigino sembrerà appena patentato e dilettante. Ci sono invero automobilistacci, come ovunque in tutto il mondo, ma secondo me, in Italia, basano la loro guida sulla propria “prudenza”.
Un po’ di Storia.
Forse ho calpestato terreni che mille anni fa i miei avi hanno a loro volta calpestato, giacché tra il 1020 ed il 1120, i normanni, i cui capi erano oriundi di Coutances, una città vicina alla mia, si avviarono alla conquista dell’Italia meridionale. Essi giunsero in quella parte dell’Italia dopo i Romani, i Greci, i Barbari (I Longobardi ) : Stiamo parlando dei Fratelli Altavilla (Hauteville in francese, dal nome del loro paese di origine). Ecco perché torri normanne, come quella ubicata sull’Isola di Dino [2] , dicorano tutto il Lungomare. Ma edificarono anche castelli come quello di Cosenza, l’antica Cosenza che padroneggiarono. Nel sostrato calabrese, ci si trovano alcune parole francesi che testimoniano quel periodo e delle influenze dei conquistatori che l’hanno segnato. Ad esempio, pentola in un certo dialetto calabrese, si dirà casserola.
L’Isola di Dino
Le torri normanni
[1] verso della canzone Balla di Umberto Balsamo
[2] l'Isola di Dino (anche chiamata Scoglio di Venere) apparteneva prima alla Famiglia Agnelli. Adesso è sarebbe dello Stato, ma non viene definito chiaramente (http://www.youtube.com/watch?v=s9TY9wMsdnA). Una barca puo’ aggirarla ma non permette l’accesso.
[L'isola di Dino è la maggiore delle due isole Calabresi; l'altra è l'Isola di Cirella. Sorge sulla costa nord occidentale del Tirreno calabrese, di fronte l'abitato di Praia a Mare in Provincia di Cosenza, davanti Capo dell'Arena a sud del paese. Il suo nome deriva dal fatto che sull'isola sorgeva un tempio (aedina) dedicato a Venere. Ipotesi più accreditata è quella che fa derivare il nome dall'etimo greco "dina", ovvero vortice, tempesta. Infatti erano un tempo pericolose per i naviganti, in giornate di mare mosso, le acque prossime alla punta Sud dell'Isola, detta Frontone.
Si estende per 50 ettari circa con un'altitudine massima di 100 metri. Nel versante settentrionale, di fronte a Capo dell'Arena, c'è un piccolo molo di attracco da cui parte una strada rotabile che con uno sviluppo di 1700 metri conduce nei cottages situati nella zona alta dell'isola. Ha fianchi con strapiombi alti oltre 80 metri ed altri piuttosto scoscesi, alla base dei quali, sia al di sotto che al di sopra del livello del mare, l'erosione sulle rocce calcaree ha dato vita a molte grotte tra le quali quella del "Monaco", delle "Sardine" dove sono presenti stalagmiti, delle "Cascate", del "Leone" ed infine la "Grotta Azzurra" che è la più grande. Ma la grotta più interessante dell'isola, sebbene accessibile solo ai subacquei esperti, è la Grotta Gargiulo, che si apre a 18 metri sotto la superficie del mare e si estende nelle profondita dell'isola per alcune decine di metri, completamente sommersa, fatta eccezione per due bolle d'aria. L'accesso ad una parte della Grotta è sconsigliabile anche ai subacqei, tranne che a speleosub esperti.]