Daniele di Gennaro, dopo l’explicit del libro, torna sull’inedita relazione che ha unito Camilleri e Lucarelli, accomunati dalla medesima passione per il giallo. E comincia col narrare i fatti accaduti durante la primavera del 2005 cioè l’incontro che ha permesso al libro di vedere la luce. La pellicola cui si accenna – che in realtà è un documentario prodotto da Minimum fax media – verrà trasmessa in TV su Rai 3, lunedì 20 dicembre 2011.
http://www.rai3.rai.it/dl/RaiTre/programma.html?ContentItem-84c6ec3f-a065-465f-a894-4b94b1874ae2
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L’Editore descrive cosa accade sul set mentre sta per intervistare “il binomio vincente”, nell’intento di distinguersi come il Lars Von Trier della letteratura, più realista di tutti nel raccontare.
Di Gennaro elenca diversi punti in comune: “Si esprimono attorno alla scrittura con il medesimo approccio e si rimbalzano generose confessioni di passione vera per l’atto di impegno civile del raccontare storie”. Dice poi che “sono seri ma leggeri”. Infatti si nota l’umorismo presente di Lucarelli mentre il personaggio di Camilleri è un poco più professionale degli altri, o perlomeno finge di esserlo. Diciamo che pur avendo “la voglia incontenibile di scrivere”, si divertono. L’Editore parla a nome di tutti i lettori per affermare : “e contagiati dal clima, ci divertiamo anche noi”. L’editore si esercita nella difficile arte dell’intervista non banale e fa la sua prima domanda rivolta ai due giallisti, una domanda in realtà declinata in tre parti: “Come si comporterebbero i vostri personaggi, Salvo Montalbano e Grazia Negro, con un cadavere in mezzo ai piedi? Come interaggirebbero in un’inchiesta ? Me lo raccontate?” Dopo un tempo di riflessione, rispondono: “ Cominciano di colpo a descrivere quello che vedono”. Descrivono pure caratteri dei loro personaggi e nel modo in cui lo fanno, entrambi gli autori sembrano complementari. In quest’intervista viene introdotto poi il concetto di jam session letteraria (musicisti di jazz che si riuniscono e che improvvisano sul palco). Tornerà spesso. È una metafora per descrivere botte e risposte che intervengono – qui – per conto di Di Gennaro... o per il documentario. L’ambiguità rimane, la parola e le riprese si sovrappongono e le domande fanno eco alle telecamere. Si fa questa metafora poiché “entrambi gli autori amano il jazz (cfr. Almost Blue, libro di Lucarelli)”.
Di Gennaro interpreta il ruolo di narratore omodiegetico nonché quello del narratore omnisciente. Dopo questa parentesi aperta sulla musicalità che trascende gli intervistati, l’intervistatore fa la domanda essenziale sulla stesura stessa del libro. I giallisti pensavano all’inizio di non farcela. Era difficile “sequestrare due autori per sei mesi in una stanza”, perché poi hanno ritmi di lavoro ben diversi, altri impegni... ma alla fine riusciranno ad accordarsi. E già cominciano ad elaborare la ramificazione dell’intreccio, intorno ad un caffè, sulla base di Murder Off Miami (A Murder Mystery di Pennis Wheatley).
Descrivono il romanzo epistolare. “L’unità di misura del racconto sarà questa, e la forma sarà quella del romanzo epistolare, nel quale i due investigatori uniscono le forze e al contempo si sfidano per risolvere un’inchiesta non ufficiale”. “Epistolare” perché vi possono essere dei colpi, che sono come le mosse decisive “colpitorie” agli scacchi. La metafora verrà poi ripresa dall’editore (scrivo mentre leggo e riesco ad intuire i pensieri dell’editore). Ambedue cominciano il lavoro per comporre il libro ; siccome ognuno è immerso nel proprio lavoro, fanno una pausa. Riprenderanno cinque anni dopo, con le bozze in mano. Di Gennaro allude poi a buste piene di foto, collage, scritti a mano e dattiloscritti (dice pure di aver riso tanto).
Ma la serietà trova alla svelta i suoi limiti. Perché oltre a considerarsi compagni, si considerano avversari. “Sì, avversario, perché i due si stimano ma non vogliono certo fare brutta figura di fronte alla scrittura dell’altro. “Insomma, giochiamo, sì, ma non scherziamo.” Lucarelli confessa di esser stato messo in difficoltà a volte dal Maestro. In effetti, alla stregua del suo personaggio, Camilleri è un autentico stratega. Lo scambio conosceva per fortuna esiti positivi. La partita del libro, rappresentata dallo stile epistolare, si può attuare pure per gli scrittori. La vittoria nella collaborazione degli scrittori segna la vittoria nel creare l’enigma, l’intreccio del libro.
Nell’ultimo paragrafo di questa nota dell’editore, si insiste sull’incontro dei personaggi, “fuori dall’ordito consueto dei loro romanzi”. Il carattere identitario portato all’estremo dei personaggi conferisce interesse alla vicenda. I giallisti fuoriclasse invocano “l’interplay jazzistico, il suonare e scrivere nel senso nel play inglese e del jouer francese” per adattarsi ai tempi che ci coinvolgono per aggiornare lo stile, e lasciare da parte quella composizione “mortificante e vetusta”. Vanno ringraziati gli autori per il loro impegno nel match per cercare l’esatto punto di equilibrio e l’affiatamento che hanno cercato fino a trovarlo.
Per farla breve, l’ispettrice Grazia Negro, da Bologna, fa appello al commissario Salvo Montalbano – in Sicilia – perché il cadavere di un caso a lei affidato è quello di uno spedizioniere nato a Vigata. Vigata è la città dove Montalbano risolve i propri casi. Dovranno quindi indagare insieme per trovare il colpevole di quest’omicidio per il quale un uomo alto è morto per soffocamento, strangolato con un sacchetto e accompagnato da pesciolini rossi, morti anch’essi pressoché nelle stesse condizioni. Gli investigatori dovranno a distanza evitare le trappole lungo un persorso ricco di insidie.
Riguardo all’evoluzione dei personaggi, si può dire che grosso modo, costoro cambiano poco rispetto ai libri precedenti nei quali li avevamo già incontrati. Le prime due pagine di Acqua in bocca ci mostrano un’ispettrice Grazia Negro che tenta di trascinare il collega in un’indagine privata (come fa spesso l’ispettore Coliandro) ovvero in un’indagine non autorizzata dai superiori. Non è la prima volta che ciò avviene. Per contro, il commissario Montalbano è un poco più professionale di Grazia Negro, o almeno finge di esserlo. È furbo. Sa aggirare la legalità quando occorre farlo oppure trovare rimedio alle scocciature quando lui viene messo in difficoltà... pure con la fidanzata Livia che ha una botta di gelosia. Dopo aver mentito sul luogo di permanenza, lei sta per sbarcare fuoribonda a Vigata mentre Montalbano si trova a Milano Marittima. Simone, il compagno dell’ispettrice, avrà le medesime reazioni quando intuirà che Grazia , la sua compagna, scrive al commissario. Man mano che si girano pagine, si incontrano altri protagonisti già conosciuti come la Balboni, Mimì Augello, Fazio...
Se fissiamo un attimo la nostra attenzione sul genere di questo libro, si nota un passo in avanti nell’ibridazione dei generi. L’esperimento è stato di mescolare simultaneamente il genere epistolare con quello giallistico. Uno stile che si avvicina piuttosto a quello di Lucarelli perché i suoi libri sono segnati da pause ricorrenti, come se fossero puntate in una serie televisiva. Poi entrambi gli autori mettono l’accento sia sul carattere amministrativo e burocratico della faccenda che su quello che li lega ma di nascosto (quando non si considerano più colleghi, bensì amici). Sovente i brani sono sotto forma di verbali (nome della questura, dell’ufficio, del servizio, dell’oggetto). Poi in questa differenziazione tra gli scambi al lavoro e quelli privati, la tipografia si adatta. Quando si entra nell’ambito personale, i protagonisti scrivono in corsivo. E firmano a mano. L’ortografia classica e in corsivo si alternano con le varie foto disseminate lungo tutto il libro. Lo stile è atipico. Lo scopo, a parer mio, era di dare più spazio al realismo dell’indagine, di conferire veridicità all’intreccio e la narrazione.
Come spesso accade nelle loro opere, gli autori si danno a un’autentica sfida identitaria, nel senso in cui ognuno promuove l’ambiente geografico e culturale attraverso il suo personaggio (e nel quale vivono pure loro). Camilleri è nato in provincia di Agrigento, in Sicilia mentre Lucarelli è un bolognese vero e proprio. Il commissario Montalbano vive e lavora a Vigata, ubicata nella medesima Sicilia. Parla con un accento siciliano che va considerato in questo caso nella scrittura: da lui spuntano espressioni siciliane come “scassare i cabasisi” (= rompere le scatole), parole e verbi usati nel meridione come “minchiate” (= cazzate) e “pigliare” (= prendere) e parole che si usano soltanto in Sicilia come, “minne” (tette), “fimminaro” (= donnaiolo), “garruso” (“omossessuale passivo”) e “pirsonalmente” (= personalmente). Invece Grazia Negro non lascia trasparire alcun accento dialettale. La disparità linguistica doveva per forza apparire. Forse quella meno attesa era attinente al cibo. Circa la metà della volte, il cibo – oltre a vantare le specialità regionali di ognuno – serve anche a veicolare messaggi segreti che permettono ai protagonisti di comunicare fra di loro (tramite i bigliettini nascosti dentro). Così il commissario siciliano manda i cannoli e una cassatina all’ispettrice bolognese che ricambia, mandando tortellini ed una ricetta per il brodo. Con gli stessi tortellini, Lucarelli si diverte come in altri momenti. Quando Grazia Negro li spedisce in Sicilia, lei precisa che sono stati cucinati da Carlo Lucarelli stesso, insieme ad un altro chef. Poi lo scrittore bolognese – attraverso la sua protagonista – disprezza ironicamente il genere del giallo. A pagina 14, Grazia Negro scrive in una lettera: “aggiungo queste note alla fine, come si fa nei gialli, per stuzzicare la tua curiosità (e nota che io odio i gialli)”. Anche in Almost Blue, troviamo dichiarazioni del genere. Tornando nel nostro giallo, Acqua in bocca, si fa a pagina 22/23 un gioco a carattere tipografico, con errori di battitura ricorrenti. Dopo individuazione, abbiamo potuto metterli in fila:
“ dall'articolodel Carlino [...] cin lsa sinidstra [...] (a sparare non ero comunqueun granché) [...] è stato impèossibile parlare [...] dal labortatorio [...] cin la inistra so tirare anche i cazzotti [...] (sono i peci rosi) e un'altra eoa che nont i dico [...] o nel saccgìhhetto che viene infilato [...] pe ril marpione.”
Dal canto suo, Camilleri fa un altro gioco, rispondendo alla mossa di Lucarelli: lui scrive un testo con delle cancellature e con tanti numeri materializzando in questo modo gli appunti di Montalbano (i giorni liberi...). Poi vi si trova l’umorismo attraverso i protagonisti come quello di Catarella, un brigadiere di Vigata, perché lui fraintende tutto quel che gli si dice.
L’arrivo di Coliandro contrasta abbastanza con il resto dell’opera. Si stacca dagli altri perché ha un registro linguistico tutto suo: usa il registro familiare per esprimersi, il che dà all’intero personaggio quest’atteggiamento «tonto» sul quale gioca l’autore. L’ispettore Coliandro è uno che non fa altro che combinare guai. Per concludere questa parte, diciamo che di umorismo, si rilevano due tipi principali, quello legato ai protagonisti e quello legato alle espedienti tipografiche.